Tre lingue per comprendere

In questo articolo, ti ho parlato di come l’ascolto sia un processo attraverso e di come si possa acquisire consapevolezza del proprio modello di ascolto e dei filtri che applichiamo.

È chiaro che ascoltare ed esprimere sono due atti strettamente interconnessi.

La lingua dell’ascolto

La lingua dell’ascolto può essere logica-razionale, emotiva o realizzativa.

Ognuno di noi predilige una di queste tipologie, anche se a seconda degli ambiti può applicare inconsapevolmente quella che ritiene più attinente. Questo accade perché tendenzialmente l’essere umano ha la naturale propensione alla semplificazione.

In parole semplici siamo animali pigri con una naturale attitudine a risparmiare la fatica.

Questo influenza la nostra vita soprattutto attraverso l’esito delle comunicazioni in cui siamo coinvolti.

Le lingue dell’ascolto con cui decodifichiamo i messaggi che riceviamo sono le stesse lingue con le quali costruiamo i nostri messaggi.

Ecco le specificità di ogni lingua.

Razionale logica


E’ la lingua del pensiero logico. Puntuale e precisa, ha una struttura definita che ripete lo schema del discorso deduttivo procedendo per passaggi conseguenti e ammettendo un numero limitato di assunti.

Emotiva

E’ la lingua delle emozioni. Visionaria e recettiva alle percezioni sensoriali, ha una struttura indefinita che cambia ogni volta ed è imprevedibile.

Realizzativa

E’ la lingua attuativa. Mira alla concretezza, si occupa del problema, ha una struttura fissa  funzionale alla realizzazione.

Per quale motivo è importante essere consapevoli della lingua che abbiamo eletto per comunicare in un definito ambito della nostra vita?

Per essere in grado di ascoltare modificando la lingua dell’ascolto quando è necessario per fasarci con chi ci parla o perché talvolta la nostra lingua di elezione può essere un ostacolo alla comunicazione!

Faccio un esempio dalla vita reale.

Incontro continuamente persone che si lamentano di non riuscire a farsi considerare in ambito lavorativo. Hanno buone idee che sono regolarmente ignorate dai responsabili a meno che non siano presentate da un’altra persona, magari dallo scaltro collega.

Queste persone pensano di essere discrimitate o di essere vittime di pregiudizi.

Ascoltando il racconto dei fatti evidenzia immediatamente che il linguaggio che utilizzazano è quello emozionale mentre chi li ascolta è settato sulla lingua realizzativa.

Prendere coscienza di questo significa per l’individuo capire che nel proporre la sua idea dovrà tradurla nel linguaggio di ascolto prevalente dell’interlocutore. È fondamentale fare questo sforzo per essere compresi e considerati e questo è esattamente lo stesso sforzo che faremmo per tradurre il messagio in una linguia straniera per comunicare con uno straniero.

Allenarsi alla consapevolezza

Quello che è veramente notevole è che, anche se abbiamo una lingua prevalente per preferenza, tutte e tre i linguaggi sono nativi. Possiamo trovarci nella necessità di allenarli ma non di doverli imparare da zero.

Un primo esercizio per allenarci a questa consapevolezza è mettere nero su bianco su un quaderno le conversazioni delle quali poi hai espresso il tuo pensiero con frasi tipo “Non ci siamo proprio capiti” o “eravamo su piani diversi” o “non abbiamo trovato un terreno comune”.
Quali parole hai utilizzato? Quali parole ha utilizzato il tuo interlocutore?
Stavate per caso esprimendo lo stesso concetto con lingue diverse?

E ancora:

Qual è la tua lingua dell’ascolto prevalente?

La consapevolezza della propria lingua preferenziale dell’ascolto è il primo passo per una comunicazione assertiva ed efficace.

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