Se hai visto la serie “Il trono di spade” saprai che “L’inverno sta arrivando” è un’espressione ricorrente.
Nella vicenda fantasy l’inverno è una stagione rigida indefinitamente lunga che incute timore e preoccupazione nella quale la morte e i mostri fanno capolino superando la grande barriera.
La pandemia Covid-19 a livello economico e occupazionale significa per prima cosa la scomparsa di moltissimi posti lavoro.
Siamo in attesa di un grande inverno nel mercato del lavoro?
Le aziende si stanno attrezzando con i piani di ristrutturazione.
E tu? Cosa stai facendo? Hai deciso di attendere pregando di non essere uno dei nomi in lista? O anziché aspettare e vedere cosa succederà vuoi prendere in mano il tuo destino professionale e agire consapevolmente in questo scenario?
Non ti sto suggerendo di fasciarti la testa prima del tempo, ma di non nasconderla sotto la sabbia!
L’agenzia delle Nazioni Unite ILO l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che i posti di lavoro persi per la pandemia Covid-19 saranno tra i 5 e 25 milioni. In Italia si prevede che 250 mila posti di lavoro non esisteranno più (dati ANPL).
Non voglio dissertare di economia, ma è impossibile non proiettare scenari foschi, questa crisi aggrava una situazione già piuttosto complessa con un mercato del lavoro bloccato da anni e un indice di mobilità sociale ridotto ai minimi termini.
La parola che più risuonerà nella seconda parte del 2020 nei corridoi delle aziende, nelle riunioni strategiche dei board e alle macchinette del caffè potrebbe essere “ristrutturazione”.
A me interessano le persone e le emozioni che le animano.
Perché mai ho deciso di scrivere di questo argomento?
Parto dalla mia storia
Ci sono passata e conosco cosa passa nell’animo delle persone in queste situazioni.
In questo articolo voglio condividere suggerimenti per trasformare questa esperienza in un percorso di crescita e di consapevolezza.
Mi sono ritrovata a essere “quella in più” dopo alcune ristrutturazioni. Questo è stato un vantaggio perché ho avuto tempo per “prepararmi”. Non ero pronta al licenziamento ma potevo contare su uno scheletro solido e sulla capacità di analizzare scientificamente la situazione.
Insomma erano anni che preparavo una exit strategy, eppure quando è successo non ero pronta e forse non sarei mai stata pronta per quello che avrei affrontato.
Gli attrezzi man mano conquistati studiando e sperimentandomi sul campo servivano a fare di me una persona più sicura di se stessa, più autonoma e capace di prendere decisioni e compiere scelte. E tutto questo, nei miei progetti era a favore dell’azienda.
Sono stata per vent’anni una risorsa molto orientata all’azienda e il mio scopo era che l’organizzazione per cui lavoravo potesse contare su di me, in ogni modo e in ogni momento.
Forse ti stai chiedendo se sono pentita di tutta questa dedizione e avrai il tono che si riserva alle domande retoriche. Ti deluderò, non sono pentita. Ho lavorato fino all’ultimo giorno cercando di mantenere uno standard qualitativo che mi soddisfacesse.
Certo la tentazione di bivaccare c’è stata. Ma ho scelto, pur limitando gli orari e evitando di regalare il mio tempo dove non era più gradito, di non dimenticare chi ero.
Primo suggerimento:
Non dimenticare chi sei.
Quando un’azienda decide di licenziare un dipendente, afferma che il lavoro che svolge è inutile. La prima equazione, normale, è pensare di essere inutili.
Se hai lavorato bene, non è quello il motivo per cui l’azienda ha deciso di licenziarti. Il motivo potrebbe essere economico o un gioco di strategia e potere. In ogni caso non te ne occupare.
Ricorda chi sei, quali successi hai portato, come hai reso possibili guadagni o miglioramenti.
Osserva il tuo interlocutore. Avrai sicuramente l’impressione che impugni il coltello dalla parte del manico, è in una posizione giudicante e cercherà di fiaccare preventivamente le tue energie per rendere il suo lavoro più facile.
È un essere umano, potrebbe succedere anche a lui quello che sta capitando a te, magari gli è già successo.
Non lasciarti impressionare dalla sua aggressività (anche se nascosta sotto i guanti bianchi).
Lo story telling che farà di te e del tuo impegno è funzionale al suo scopo.
Il secondo suggerimento è:
Non affrontare la montagna da solo.
Siamo figli di epoche in cui il posto fisso era garantito e si veniva licenziati solo se indegni, abbiamo visto magari nella nostra carriera in tempi tranquilli licenziare qualche collega, ma il suo allontanamento era giustificato da comportamenti gravissimi, violazioni delle regole o scarso rendimento.
Magari quando è successo hai anche pensato che era corretto.
Mentre l’azienda ti vuole licenziare, tu provi vergogna. Perché non sei stato in grado di lavorare bene o di mostrarlo nel modo giusto.
Spesso le persone non condividono cosa stanno vivendo e
tengono per sé dolore e frustrazione. Sbagliatissimo. Questo è un momento in
cui è fondamentale il supporto degli altri. Per affrontare il momento e per
ripartire subito dopo.
Chiediamo aiuto alle persone più vicine e ai professionisti. Cerchiamo di
essere consapevoli dei passaggi e delle informazioni tecniche per tutelarci.
Non si tratta solo di guadagnare una dignitosa buonuscita (che sarà provvidenziale per gestire il dopo), è soprattutto una questione emotiva. Non dobbiamo chiudere con la sensazione di aver perso e di essere stati imbrogliati.
Il terzo suggerimento è:
Tutela la tua tranquillità.
Se ti chiameranno per dirti che sarai licenziato affronterai un periodo complicato che si chiuderà solo con l’effettiva chiusura del rapporto di lavoro. Quanto durerà questo momento non dipende da te. Solitamente i tempi sono brevi ma può capitare che tu debba affrontare mesi di attesa. In ogni caso chiediti come desideri gestire l rapporto con i colleghi.
Poni condizioni. Chiedi di essere tu a comunicare la notizia quando lo riterrai opportuno e a chi vorrai. La sensazione del deadman walking è difficile da sostenere ma se riesci a essere protagonista di questa fase ti sentirai parte attiva. Non sempre chi ti garantisce riservatezza saprà poi essere discreto (ricorda che di fronte a te ci sono uomini e non mostruosi supereroi!), ma almeno la tua richiesta ti garantirà di non subire pietosi commiati.
Il quarto suggerimento è:
Non ricominciare da capo, parti da dove sei
Ora penserai che ne sto facendo una questione di lana caprina!
Un’esperienza di licenziamento è dolorosa. La rabbia è l’emozione protagonista, insieme a un senso di sconfitta e di delusione. È normale. È sano concederti momenti in cui provare sentimenti non proprio edificanti. Fa parte dell’elaborazione dell’esperienza.
Quello che dobbiamo fare per il nostro benessere, è impedire che questa rabbia nuoccia. Accetta che potresti detestare chi ha preso questa decisione, ma non cadere nel tranello di pensare che la tua vita (lavorativa) era tutta sbagliata e che devi ripartire da zero.
Tu non riparti da zero, riparti dalla tua esperienza e da tutti i successi che hai ottenuto. Questo è vero anche se deciderai di cambiare completamente professione.
Il quinto suggerimento è:
Ringrazia te stesso per quello che farai
Un’ultima nota: qualcuno potrebbe dirti “vedrai, tra qualche tempo starai bene e mi ringrazierai!”
No! Starai bene, troverai un nuovo lavoro o ne inventerai uno ma… sai chi dovrai ringraziare? Solo te stesso!
Nel “Trono di spade” i personaggi si preparano a combattere la grande battaglia per non soccombere e diventare estranei, non morti al servizio del male. Per te la sfida sarà restare connesso con te stesso e non diventare un estraneo che non riesci a riconoscere.
Ti ho detto tutto? Non ti ho ancora confidato cosa nella mia storia ha fatto la differenza!
Quando ci sono passata mi sono fatta aiutare da un coach! L’obiettivo del percorso era
“Uscirne con le ali forti e muscolose pronte a prendere il volo!”
Se hai voglia di rafforzare la tua consistenza emotiva sul lavoro, per contare di più dove sei e dove sarai domani, contattami! Sarò la tua alleata nella grande battaglia!
Dracarys!