Antonio è mio fratello, con quella certa testa dura di famiglia, con le sue belle storie di arcologia, terre e cannicciati… e con la favola del cantiere dei maestri giapponesi di UNIQLO ….
Questa è stata la promessa dell’ultimo articolo di questo blog!
Abbiamo visto come la sua avventura è iniziata in Arizona ad Arcosanti con il maestro Soleri, oggi vi proponiamo un’altra parte dell’intervista dove Antonio ci racconta gli sviluppi giapponesi del suo percorso filosofico, umano e professionale.
Un viaggio professionale iniziato in America, sviluppato in Italia che alla fine approda in Giappone. Come sei entrato in contatto con gli artisti giapponesi?
[Antonio sorride e si prende tempo per organizzare il racconto.]
Nel 2015 il centro di formazione sull’argilla dall’università di Grenoble, Craterre, ha premiato il maestro che Kenji Matsuki come eccellenza artigiana della terra cruda. Alcuni colleghi di Anab invitarono il maestro Kenji in un cantiere in Sardegna a realizzare le paretie e divisori delle postazioni di uno spazio co-working. In sinergia con l’architetto di Milano Sergio Sabbadini da anni mi occupavo di workshop sugli intonaci in terra cruda anche con formatori europei. Contattammo il maestro Kenji attraverso una terza persona, l’architetto Shinzaku Suzuki, e organizzammo un primo workshop a Milano, presso la Fabbrica del Vapore. È stata una scommessa, non avevamo idea di che cosa avessero bisogno realmente per realizzare i loro intonaci, ma è andato tutto molto bene! Così bene che abbiamo sviluppato un’idea di concorso internazionale, TerraMigakiDesign, per stimolare i designer alla produzione di oggetti in terra cruda che ha il suo apice durante Design Week a Milano. Questo concorso negli anni è cresciuto fino ad ottenere un respiro internazionale.
Come si arriva a UNIQLO?
Come si arriva? In 4-5 anni di sinergia sulla formazione con i maestri giapponesi, abbiamo costruito un rapporto di stima profonda. Yuki Nagano, l’architetto giapponese di UNIQLO che ha seguito la realizzazione dello store di Milano, ha previsto che una delle scale interne fosse decorata con le finiture realizzate dai maestri giapponesi. Non appena ingaggiato Kenjii dal Giappone mi avvisava di tenermi pronto per gestire tutta la parte di fornitura dei materiali, logistica e le relazioni con il resto del cantiere.
Con il massimo riserbo, quasi in segreto, ho iniziato a contattare tutti i fornitori, le vacanze estive erano alle porte, ho coordinato l’arrivo di tutti i materiali necessari per realizzare l’idea progettuale di Kenji, che in quel momento, tra luglio e la metà di agosto, non era ancora completamente definita. Nel frattempo producevo campionature sui vari colori delle mescole per facilitare il lavoro.
Hai qualche curiosità per noi riguardo al cantiere di UNIQLO?
Il cantiere, 15 giorni di intenso lavoro, è stato divertente sotto tre punti di vista:
- è bellissimo lavorare con una squadra di artigiani di alto livello come loro
- è stata creata una bella sinergia, perché erano impiegati materiali italiani (argilla, paglia e sabbie) mentre la tecnica era giapponese
- sono stato coinvolto anche in qualità di esperto del materiale e delle messe in opera non solo per la gestione logistica
L’organizzazione del cantiere era complessa ma ho fatto tesoro dell’esperienza del 2006 durante le olimpiadi invernali a Torino dove ho gestito i cantieri temporanei per il trampolino di Pragelato, anche in quell’occasione coordinando squadre di varia nazionalità.
A differenza delle olimpiadi dove parlavamo inglese, nel cantiere di UNIQLO la comunicazione era multilinguistica e la loro parte la facevano anche i gesti. Nonostante la mescolanza, la comunicazione era veramente efficace – esistono diversi livelli di comunicazione specialmente in situazioni del genere.
Mi spiego: il cibo diventa un livello di comunicazione, abbiamo vissuto tutti nella stessa casa, gli artigiani giapponesi desideravano mangiare cibo locale cucinato in casa così la sera mi trasformavo in cuoco e insegnavo a loro a cucinare i nostri piatti.
Ho trovato il supporto di due personaggi: uno è Shinzaku Suzuki, che gode di tutta la mia invidia perché è una di quelle persone che parla male tantissime lingue, spaziando dalle lingue asiatiche a quelle latine a quelle anglosassoni, e per noi in questo lavoro è fondamentale per cementare il gruppo di lavoro, l’altro è Sara Savoldi, una ragazza italo-giapponese madrelingua italiana, che ci ha consentito una comunicazione puntuale, dettagliata e precisa quando era necessario.
Antonio, e la ginnastica? Il training fisico era per il team building?
In realtà è iniziato tutto per gioco. In un cantiere abbiamo iniziato questo gioco della ginnastica la mattina come rappresentazione del Giappone come lo conosciamo dai cartoni animati di quando eravamo piccoli. Non era una idea loro, ma la hanno adottata. Non so se lo fanno nei cantieri. Ma nel cantiere UNIQLO si è fatto con grande gioia e serietà e l’iniziativa ha coinvolto tutti coloro che lavoravano all’allestimento del negozio. Tutti insieme nell’edificio (laborioso) iniziavamo la giornata con una sessione di ginnastica!
Qual è il dono di questa esperienza?
Un sogno: un cantiere con tanti artigiani eccellenti. Quando hai un team di questa qualità riesci veramente a gestire il tempo del lavoro e quello della riflessione sul lavoro che stai facendo!
Questo è il concetto di arcologia, non ci sarà ecologia se non si parte da materiali del luogo per creare un’edilizia dove si finisce per rappresentare il luogo stesso, si vedono i materiali locali ma attraverso l’abitare si comprende un concetto di cultura, di conoscenze e di persone che sanno mettere in opera dei materiali.
Cosa è per te la felicità ?
[La domanda è pienamente giustificata dall’entusiasmo con cui racconta…]
Per me la felicità è una tensione, un’attenzione verso qualcosa.
Come per la tartaruga della favola di Esopo, dove la tartaruga è più felice del veloce coniglio perché si gode quello che succede durante il viaggio, ecco!
Quindi la felicità è un moto in divenire, un progetto.