In quale percentuale esprimi te stesso quando lavori?

Lo scorso week end ero in aula per Accademia della Felicità. Per due lunghi giorni ci siamo interrogati sulla felicità al lavoro e su come un percorso di coaching può contribuire al benessere delle persone in ambito lavorativo.

Quello che è emerso dal confronto con gli allievi è la difficoltà di pensare al lavoro come a una parte della nostra vita dove possiamo cercare la felicità.

Quando perdiamo il lavoro è ancora più difficile essere in grado di cercare la felicità proprio dove siamo stati feriti.

Un percorso felice di cambiamento permette all’individuo di costruire a partire da un obiettivo.

Perdere il lavoro è una situazione che obbliga l’individuo a misurarsi contemporaneamente su molti fronti.

La complessità e lo stato di urgenza non sono facili da gestire.

Prima di cercare di ricollocarti, ti propongo di affrontare le varie componenti della situazione che vivi , una alla volta, per prepararti a ripartire.

Come guadagnare la pagnotta

Chi perde il lavoro si confronta subito con i suoi fantasmi legati al mondo del denaro. Ognuno ha i suoi.

Morirò di fame. Finirò sotto i ponti. Non farò più le vacanze.

Eccone alcuni. Per prima cosa occorre uno sforzo per capire quali sono i bisogni reali, quelli indotti e quelli compensativi.

I bisogni reali sono quelli primari (legati alla nutrizione e alla cura della persona e alla nostra partecipazione alla vita sociale). Sono in parte comuni, tutti abbiamo bisogno di mangiare, di avere una casa dove abitare e di relazionarci con il nostro prossimo ma ognuno di noi definisce cosa è cibo, cosa è casa e cosa è relazione.

Il coaching propone moltissimi esercizi su questo tema e capita molto spesso che i risultati siano rivelatori  in grado di smorzare la tensione rispetto alla momentanea diminuzione o sospensione dei guadagni.

Come esprimerò me stesso

“Non sono più nessuno fuori di lì” ovvero il grande equivoco dell’identificazione nel ruolo.

Qualcuno dice “mi sento orfano” e in qualche modo lo è orfano di se stesso e di quella job description nella quale si identificava e risolveva.

Una persona che ha trascorso molti anni all’interno di un’organizzazione è cresciuta passo passo cercando di allinearsi a quello che gli veniva chiesto.

Beh! È arrivato il momento di costruire partendo non dalla richiesta esterna ma dai talenti.

Cosa penseranno di me

Chi ha perso il lavoro si sente inchiodato dal giudizio degli altri che pensiamo severo e giudicante.
È fondamentale non perdere il canale di comunicazione. Ascoltiamo le persone intorno a noi, chiediamo cosa pensano, raccontiamo quello che ci è capitato e cosa proviamo. Chiediamo aiuto.
Mostriamo così (prima di tutto a noi stessi) che siamo persone non l’ennesimo caso di licenziamento.

Chi mi vorrà

Il mercato del lavoro è complicato. La crisi economica esiste e non ci aiuta. Il clima è molto competitivo. Nessuna azienda vuole una persona che si percepisce come “scartato”.

Non ricollochiamoci, collochiamoci e cerchiamo un obiettivo che tra qualche tempo ci farà dichiarare

“Beh! Alla fine, so cosa è la felicità al lavoro!”

Cosa è?

Ecco il mio ultimo articolo sulla felicità al lavoro sul blog di Accademia della felicità

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