Vi racconto una storia.

La protagonista si chiama Maria (nome di fantasia), è una giovane professionista entusiasta. Ha un incarico prestigioso in una grande azienda di una grande città metropolitana. Ama il suo lavoro e per lei, che viene dalla provincia, vivere in un appartamento grazioso in una zona semicentrale di una città equivale alla realizzazione di un sogno. È single e ha una vita piena in cui coltiva i suoi hobby e frequenta gli amici. Si concede week end e viaggi. Maria è veramente soddisfatta della sua situazione.

L’azienda entra in crisi e avvia un importante processo di ristrutturazione. Si tagliano i costi aziendali e si tagliano le persone. Nei primi tempi Maria è molto dispiaciuta per i tagli ai corsi di formazione che apprezzava. Dopo sei mesi, Maria, insieme ad altri colleghi, viene licenziata. Negozia con l’azienda una dignitosa buonuscita. Il mercato del lavoro è in una situazione stagnante, è difficilissimo ricollocarsi.

Maria di trova di fronte a un bivio e per alcuni giorni si dibatte tra due possibilità di approccio.

Prima possibilità (approccio saving):

i risparmi e la buonuscita, con un controllo ferreo delle spese, possono bastare per circa un anno. Se lascia l’appartamento, torna a vivere con i suoi anziani genitori che si fanno carico di vitto e alloggio, anche due anni. Nel frattempo, la crisi economica potrebbe risolversi e il mercato del lavoro potrebbe offrire nuove opportunità.

Seconda possibilità (approccio investing):

decide di investire una buona parte della buonuscita in un corso di formazione professionalizzante, resta nel suo appartamento e si impegna ogni giorno in attività di networking costose che potrebbero aiutarla a ricollocarsi. La sua prospettiva di sussistenza senza uno stipendio è di circa sei mesi. I suoi nuovi titoli professionali potrebbero essere la chiave per risolvere la situazione.

Coaching per un approccio creativo

Entrambi gli approcci presentano un elevato rischio rispetto all’obiettivo finale a fronte di un costo personale significativo.

Gli scenari che ho presentato hanno contorni netti e sono fortemente esemplificativi. Probabilmente nella realtà Maria potrebbe immaginare un approccio misto, trovando soluzioni intermedie per risolvere il suo problema, ricollocarsi e uscire dalla crisi.

Ciò che mi preme è sottolineare che questi approcci promuovono una gestione della crisi a partire dal censimento delle risorse disponibili, una modalità che costruisce soluzioni a partire da vincoli e limitazioni. Imbriglia la creatività e la possibilità di trovare soluzioni innovative.

Questa modalità applica modelli di risoluzione pre-codificati, sensati quanto generici.

Serve un precorso di coaching per questo? Assolutamente no.

Il coaching in uno scenario come quello che affronta Maria deve attivare la capacità di pensare e vedere oltre la crisi, oltre le limitazioni prendendo come punto di partenza i bisogni radice.

La capacità di analisi dei bisogni individuali è in parte compromessa nei momenti difficili a causa del carico emozionale e del senso di urgenza e necessità.

Per questo il coaching include sempre un percorso di personal foundation per aiutare il coachee ad essere consapevole dei suoi bisogni autentici. Solo in questo modo riuscirà a scegliere quali sono i problemi che gli stanno a cuore, eviterà di disperdere le energie nel soddisfare desideri indotti e troverà la personale visione di felicità e benessere.

Un percorso di coaching scongiura l’effetto demoralizzante del saving indifferenziato e dell’investing omologato. Non sostituisce la tattica al bisogno, elabora strategie efficaci a partire dal talento.

Se stai fronteggiando un momento di crisi, hai la sensazione di averle provate tutte senza trovare una soluzione e hai letto questo articolo, sei interessato all’approccio ma non hai idea di come metterlo in pratica, contattami! Ti spiegherò come funziona un percorso quali risultati puoi ottenere.

E ti racconterò di Maria, del suo lavoro e di come sta oggi…

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